Il mondo dei call center si muove nella società in modo invisibile quasi, ma il suo peso nella vita quotidiana è notevole. Spesso, questa tematica, viene toccata marginalmente solo per guadagnare qualche punto percentuale di consenso, ma realmente nessuno ha idea di cosa sia questo mondo lavorativo.

Le persone comuni conoscono gli operatori call center solo quando ne ricevono le chiamate oppure quando telefonano il servizio clienti di qualche azienda.

Ma chi è l’operatore call center? Quanto guadagna?

Cos’è realmente e materialmente un call center? A queste domande e ad altre, risponde il nuovo libro di Gabriele Fabiani “Yes We Call, Vita di un operatore call center” (Edizioni Periferia).

Un libro verità che racconta, attraverso la voce dell’autore e protagonista, ogni aspetto della fase lavorativa svolta in questi luoghi del mistero. Emergono dettagli sulla tipologia dei contratti usati e che poi non vengono rispettati. Datori di lavoro che impongono doveri non previsti, che fanno mobbing sugli operatori e li costringono ad interfacciarsi con gli utenti per come non sono.

Nel libro si parla non solo degli operatori che chiamano per proporre risparmio attraverso la stipula di un contratto di energia elettrica, di telecomunicazione oppure ancora luce e gas.

La storia è un viaggio a 360° in questa galassia, che include anche gli operatori del recupero crediti.

È un viaggio che riesce a dare uno spaccato reale della società, riesce a far capire quanto è sbagliato dare dei “Choosy” ai giovani. Laureati in giurisprudenza, lettere, ingegneria, economia, costretti dal sistema a lavorare precariamente in queste grandi sale fatte di computer e cuffiette.

Stare li dalle sei alle otto ore per guadagnare quando va bene tre euro lorde l’ora.

Non è lavoro questo. Gabriele spiega in maniera chiara quali sono i trucchi, quali sono le indicazioni che ricevono.

copertina yes we call

Dalla sua esperienza porta alla luce lo scomodo di questi posti, la verità che fa male e che ancora qualcuno tiene a non far uscire fuori. Sono nuove fabbriche che sfornano precariato. I lavoratori a progetto, i famosi Co.co.pro, sono tantissimi. In questi posti l’entusiasmo si spegne, i giovani perdono le speranze di un futuro migliore, si eclissano. Molti però reagiscono e scappano, ma l’autore fa di più.

Non scappa semplicemente ma decide di confessare tutto, di fare chiarezza, di trasmettere al lettore l’angoscia, la delusione, la rabbia che si prova a vedersi fruttati da questo sistema “guadagni se produci” e dove comunque si guadagna poco anche producendo.

E’ un libro denuncia che non riguarda solo gli operatori, ma riguarda tutti, tutta la società. È una richiesta di aiuto a puntare i riflettori su una situazione che diventa sempre più insostenibile.

Leggere questa storia lascia a bocca aperta e con infiniti pensieri.


copertina yes we call

È una verità che non si conosce, che ci sfiora ma che non ci tocca.

Con le parole dell’autore, con l’appendice delle buste paga e il glossario di cui è dotato il libro, questa realtà farà parte di noi e ci sconvolgerà sapere che lavoro fanno i nostri giovani, i nostri figli.

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