Nella puntata di ieri a Le Iene, Maria Teresa Giglio mamma di Tiziana Cantone rilascia dichiarazioni shock alla giornalista Roberta Rei.
Tiziana si è suicidata il 13 settembre 2016 distrutta dalla depressione, dalla vergogna e dalla mancanza di giustizia per la diffusione sui social e sul web (senza il suo consenso e contro la sua volontà) di video che qualcuno chiama hot e che, per amore della verità, riprendono momenti di intimità e privacy che sono stati violati.
La mamma di Tiziana Cantone continua a chiedere giustizia
A 7 mesi di distanza dal suicidio di Tiziana Cantone, mamma Teresa non ha avuto giustizia.
Nelle sue dichiarazioni rilasciate a Le Iene, gli inquirenti non hanno svolto indagini approfondite sulle 5 persone denunciate da sua figlia per la diffusione dei video.
Il Gip ha disposto l’archiviazione ad aprile per i 5 ragazzi indagati per diffamazione.
Mamma Teresa Punta il dito contro i magistrati e indagini superficiali spiegando: “L’attività investigativa è stata minima, di questi signori non hanno mai acquisito neanche i tabulati telefonici”.
Punta il dito contro la totale mancanza di responsabilità del web, dei social e dei motori di ricerca.
Davanti alle telecamere di Le Iene, mamma Teresa continua a chiedere giustizia, una volta di più.
La dichiarazione straziante di mamma Teresa
La mamma di Tiziana Cantone non si ferma all’archiviazione del caso da parte del Pm, non può.
Lei ha il diritto di conoscere il nome di chi ha divulgato in rete quei video, di sapere chi ha innescato quel meccanismo perverso sul web che ha portato sua figlia a soffrire ed a suicidarsi per vergogna, sensi di colpa.
La sua intimità è stata violata dallo show spietato dei social, è stata violata senza consenso eppure i suoi video ancora circolano sul web. Video virali diffusi da gente senza cuore solo per avere Like, per soldi.
Il paradosso è che Tiziana Cantone non amava i social più di tanto.
“Le cose sconce le facciamo tutte” dice mamma Teresa puntando la telecamera.
“Tiziana è stata perseguitata, c’è stata un’escalation di violenze verbali di una cattiveria inaudita. E’ violazione di privacy, stalking mediatico… tutti a deriderla. Lo chiamo femminicidio virtuale. L’hanno minacciata di morte, non usciva più di casa” continua Teresa.
Tiziana e sua madre, per bloccare i video, hanno tentato di tutto rivolgendosi ai social, ai motori di ricerca. Non hanno mai ricevuto risposta.
Tiziana aveva già tentato, in precedenza, di togliersi la vita. Non mangiava più, sveniva, piangeva, chiedeva scusa a sua madre, assumeva antidepressivi, si autopuniva.
Il colpo di grazia l’ha dato il Giudice condannando Tiziana alle spese legali di 20.000 euro dopo che aveva denunciato social, giornali online, motori di ricerca che indicizzavano i suoi video.
I video di Tiziana Cantone ancora online
I suoi video circolano ancora, si trovano online anche le parodie che usano la sua voce, fruttano ancora Like e soldi nonostante sia morta. La giornalista Roberta Rei controlla sul social di Mark Zuckerberg.
Su Facebook in lingua italiana non si trova nulla, mentre su Facebook in lingua inglese compaiono video con nome, cognome, voce e volto di Tiziana. Sono nascosti, chiusi alla lingua italiana, Facebook di fatto non li toglie.
Tiziana si sentiva sporca, diceva alla madre: “Un giorno ti spiegherò tutto”, si sentiva senza più un futuro.
Secondo la madre, Tiziana è stata plagiata, manipolata da un uomo, il compagno che la induceva ad andare con altri uomini. La madre descrive il momento in cui ha capito che Tiziana si era suicidata, ricorda di essere svenuta…. Sfoga il suo tormento, la sua testimonianza fa tremare.
Tiziana è stata uccisa dal web.
L’ex fidanzato di Tiziana parla a microfoni spenti con Le Iene.
“C’ero anch’io in quei video, nessuno obbligava nessuno a fare niente. Era un gioco nostro, un gioco intimo e basta. Il casino è iniziato quando i video sono diventati virali e hanno cominciato a girare su WhatsApp”. Vittima anche lui?
La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo per calunnia a carico dell’ex fidanzato di Tiziana Cantone (Sergio Di Palo) con l’ipotesi che sia stato lui a spingere la ragazza a denunciare i 5 uomini.
L’inchiesta senza indagati resta, così, aperta, per istigazione al suicidio.