La cosa che ha fatto scattare l’ira del conducente è stato il fatto che la ragazza per scendere dall’autobus abbia impiegato troppo tempo. Il conducente infatti, mentre lei stava ancora scendendo, ha accelerato con il veicolo. Da lì la lite.

La ragazza diciottenne di origine marocchina nata e cresciuta a Bologna è stata vittima di violenza da parte del conducente che l’ha presa a calci e non solo, visto che si è trovata a ricevere oltre ai calci anche pesanti insulti razzisti. I carabinieri e il 118 sono stati prontamente allertati e i testimoni della violenza non si sono tirati indietro e sono pronti a testimoniare contro l’autista.

La ragazza ha riportato una contusione alla rachide e all’addome, con una emorragia sottocutanea. I medici le hanno dato una prognosi di quaranta giorni.

Nel Corriere della Sera leggiamo le brevi dichiarazioni della giovane.

“Mi ha detto: ‘Brutta scimmia torna nel tuo Paese’ e ‘muoviti troia’ e poi mi ha colpito”

Io ora mi chiedo: questi episodio succedono solo a Bologna? 

la risposta ovviamente è no, ma allora perché non se ne parla di più? Si deve parlare di questi episodi di violenza e soprattutto se ne deve parlare nel modo giusto.

La storia si studia per un solo motivo: far in modo che le cose che sono accadute non accadano più. Noi, uomini e donne, ci dovremmo impegnare per far sì che tutti imparino dal passato, dagli sbagli commessi dagli individui e dalla razza umana più in generale.

E allora perché, dopo anni e anni passati a studiare la storia, si commettono ancora gli stessi errori del passato?

In una società che si proclama “civile” come la nostra, come possono esserci ancora guerre?

In un Paese che si dice moderno e tollerante, come può esistere ancora un razzismo così marcato?

L’ignoranza è dilagante, ma c’è un solo modo di sconfiggerla: con l’informazione.

Fate girare questa notizia, fate in modo che la gente sappia quello che succede, fate sì che tutti raccontino quello che continuano a tacere per paura che possa ritorcersi contro di loro.

No al razzismo.

No alla violenza.

 

Caterina Perilli

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