Il problema dei pesci rossi

È prassi assai comune, purtroppo, gettare i pesci rossi nei fiumi e nei laghi. L’animale domestico per antonomasia della nostra infanzia, il primo entrato nella nostra vita, vinto al parco giochi o acquistato come premio per la promozione, e poi finito in acque ben più ampie di quelle del piccolo acquario di casa, quando la sua presenza non è più ben accetta. Stanchi di tenerlo in casa, ma non volendo ucciderlo, tanti proprietari decidono di sbarazzarsene gettandolo nelle acque dei fiumi e dei laghi, incuranti o ignari delle conseguenze di tale gesto.

A lanciare l’allarme è stato uno studio della australiana Murdoch University, divulgato dal sito ambientalista treehugger.com.

Il pesce rosso domestico, nome scientifico Carassius auratus, riesce infatti facilmente a sopravvivere nei corsi d’acqua, dove trova cibo in abbondanza. Buon per lui, verrebbe da dire, se non fosse che la sua presenza, decisamente fuori posto, rischia di mettere in serio pericolo l’habitat in cui viene così sconsideratamente immesso.

Negli acquari di casa siamo abituati a vederlo in dimensioni ridotte, ma in natura, dove mangia tutto quello che trova, può crescere notevolmente, raggiungendo la grandezza di una trota o una carpa. Inoltre, è capace di compiere lunghi spostamenti: persino 230 km in un anno. Ciò amplifica i pericoli legati alla sua presenza: entra in concorrenza con le specie locali per il cibo, mangia le loro uova e può introdurre nuove malattie.

Canada e Stati Uniti hanno registrato ultimamente un’invasione di pesci rossi.

“Sfortunatamente – sottolinea Stephen Beatty, ricercatore della Murdoch University – un sacco di gente non capisce che i corsi d’acqua sono connessi al sistema fluviale, e che i pesci introdotti possono fare molto danno ai pesci locali e all’habitat acquatico.”

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