Capire l’ovulazione

L’aumentata espressione di estradiolo (“picco degli estrogeni”: 36 ore prima dell’ovulazione) da parte del follicolo dominante nel corso della fase follicolare tardiva produce, dunque, l’aumento dell’LH (valori 10 volte maggiori del valore basale: “picco di LH”: 12 ore prima dell’ovulazione); meno spiccato, ma più costante, è invece l’aumento dell’FSH.
L’aumento dell’LH è necessario per consentire gli eventi iniziali dell’ovulazione, cioè lo stadio finale della maturazione e la deiscenza follicolare: in sostanza, il picco di LH corrisponde al periodo di massima fertilità (periodo di ovulazione); inoltre, per ricercare l’ovulazione, si dosa proprio l’LH nelle urine o nella saliva).
I meccanismi che governano tale fenomeno sono essenzialmente dovuti al feedback positivo degli estrogeni.
Prima della rottura del follicolo, si verifica una serie di importanti eventi, tra i quali l’inibizione della proliferazione delle cellule della granulosa, la perdita della comunicazione intercellulare mediante gap‐junctions e l’espressione di geni  importanti per la rottura follicolare.

In tali processi, un ruolo importante ha anche il progesterone, come dimostrato dall’aumento dei PgR indotto proprio da LH.
Il meccanismo della rottura follicolare non sembra imputabile ad alterazioni della parete da aumento della pressione intrafollicolare, ma all’azione di collagenasi e proteasi a livello dello stigma (zona dell’ovaio dove avviene l’ovulazione), che rendono così sottile la parete follicolare, da rendere possibile il pick‐up da parte della fimbria tubarica, con il concorso di prostaglandine (PG) che stimolano la muscolatura liscia.
La maturazione dell’ovocita prevede lo sblocco dell’arresto alla stadio di diplotene della meiosi I, in risposta al picco di LH, e comprende l’estrusione del primo globo polare e la prosecuzione della meiosi II sino alla metafase (ovocita secondario).
Nella fase follicolare avanzata, lo sviluppo notevole degli LHR nelle cellule della granulosa porta queste ultime ad iniziare la produzione di progesterone, che induce un decremento della proliferazione cellulare ed un rallentamento della crescita follicolare., nonché la comparsa del picco di FSH e l’aumento del
feedback positivo degli estrogeni.
Il picco di FSH stimola ulteriormente la formazione di LHR sulle cellule della granulosa, aumentando la produzione di estradiolo, la quale, a sua volta, determina un aumento del rilascio di LH.
I livelli di estradiolo aumentati determinano la comparsa del feedback positivo, sia ipotalamico che ipofisario, alloscopo di indurre il picco di LH (con gli effetti visti prima).
Infine, occorre ricordare come l’ovulazione si concluda con un sanguinamento ovarico, fisiologicamente
ben emostatizzato, ma talvolta patologicamente emorragico.

Fase luteale

Il termine “luteinizzazione” si riferisce principalmente ad i cambiamenti morfofunzionali che avvengono a carico delle cellule della granulosa: tali cellule, infatti, si trasformano in cellule luteiniche larghe, differenziate per la produzione di estrogeni e progesterone, che preparano l’endometrio all’eventuale annidamento dell’uovo fecondato.

Per una buona luteinizzazione è necessaria la stimolazione dell’LH, che determina tutti i cambiamenti morfofunzionali di tale fase.
Alla rottura del follicolo, infatti, segue la sua trasformazione in corpo luteo, supportata dalla nuova ed
imponente rete vascolare, grazie al rilascio, indotto da LH, di VEGF e FGF. L’invasione della parete follicolare ad opera dei vasi capillari dello stroma consente l’arrivo del substrato necessario per la sintesi del progresterone, così come la rapida dismissione in circolo del progesterone prodotto.
Il corpo luteo è così denominato poiché al taglio presenta un colore giallo (inoltre, appare di consistenza friabile e facilmente sanguinante), dovuto alla presenza di granuli gialli nelle cellule della granulosa.
È molto importante ricordare come la durata della fase luteale sia pressoché costante, durando 14 giorni e lasciando spazio alle variazioni della durata nelle altre fasi del ciclo.

3 FASI CORPO LUTEO

Dopo l’espulsione dell’ovocita, il corpo luteo presenta un’evoluzione in 3 fasi:
Proliferazione o vascolarizzazione: la forte vascolarizzazione del corpo luteo consente alle sue
cellule l’accesso alle LDL circolatorie, importanti per la sintesi del colesterolo e quindi degli steroidi
sessuali (progesterone ed estradiolo). Sia progesterone che estradiolo conoscono un picco alla
metà della fase luteinica per poi diminuire al termine di questa fase
Maturazione (fase luteale florida): il corpo luteo si ingrossa e la produzione ormonale risulta
massima
Regressione (luteolisi): è indotta da fenomeni di involuzione tessutale e di atresia cellulare. Si
correla alla diminuzione della produzione di progesterone e dà luogo alla formazione di un
agglomerato di tessuto fibroso, il corpo albicans. Uno dei punti chiave della luteolisi è la progressiva
desensibilizzazione dell’azione dell’LH nella fase luteale tardiva (in sostanza, la diminuzione
progressiva dell’LH determina la regressione del corpo luteo). La luteolisi può essere contrastata
dalla hCG prodotta dal tessuto trofoblastico: il corpo luteo (ancor più ipertrofico) può divenire così
la principale sorgente di progesterone per le prime 8 settimane di gravidanza(corpo luteo gravidico)
Controlli ormonali
• 3° giorno: estrogeni, FSH, progesterone, androstenedione
• 21° giorno: progesterone
• 14° giorno: ricerca del picco di LH: non è costante al 14° giorno

Essetest, test al microscopio che indica l’ovulazione se sei policistica

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