Il bambino comunica all’adulto
Il bambino impara dalle espesperienza nelle espenenze quotidiane, incontra momenti piacevoli, che vuole ripetere e prolungare il più possibile, e momenti sgradevoli, che deve cercarE di evitare in seguito.
Esperienze piacevoli ed esperienze spiacevoli sono collegate sia a persone sia a oggetti. A volte, sembra che il bambino no faccia una gran differenza fra queste due categorie Ia su rereazione sdegnata è la stessa se a fargli male è stato il fratellino pizzicandolo «affettuosamente», o se il colpevole è invece lo spigolo di un tavolo dispettoso. In effetti, appena è in grado di parlare, è facile sentirlo rivolgersi con lo stesso tono dìaccusa e di rimprovero sia al fratelino sia al tavolo («brutto! Bua! »).
Non facciamoci ingannare i bambini sono per necessità degli osservatori a tempo pieno. II bisogno di inserirsi nelmondo che li circonda, di orientarsi, di prevedere, e, se possibile, di provocare reazioni favorevoli, li porta a un continuo sforzo di comprensione.
La differenza fra un tavolo e un fratellino, quindi, è ben chiara. Anche se la protesta è la stessa, la reazione che il bambino si aspetta dagli adulti è moltoo diversa nei caso del tavolo, sarà sufficiente un po’di compassione e di partecipazione «ti sei fatto male? Oh, povero bimbob». Nel caso del fratellino, c’è invece la precisa richiesta che giustizia sia fatta. Il bambino si aspetta che vengano fatte valere le regole di pacifica convivenza che ha individuato molto presto non bisogna fare male, non bisogna picchiare, mordere, pizzicare ecosì vja.
I bambini cominciano assai prima di quanto si immagini a costruirsi un quadro della realtà sociale in cui stanno vivendo I personaggi, le regole, le aspettative cosa è permesso cosa è vietato, che fa rispettare permessi e divjeti. Già intorno l primo anno di vita, I’interesse per ]e azioni degli altri è vivissimo il bambino osserva, cerca di scoprire gli obiettivi e Iefinalità di quello che vede succedere. Contemporaneamente, cerca di individuare il modo migliore per influenzare le azioni e le reazioni degli altri a proprio vantaggio.
Bambino osserva e sperimenta
Per costruirsi un primo quadro della microsocietà in cui vj-ve. Delle regole familiari, dei rapporti di potere, il bambino si comporta esattamente come un antropologo esperto. I suoi strumenti sono
1-L’osservazione. Soprattutto, I’osservazione di quellocite si nqete. «La nonna dice sempre di si se si insiste moltevolte» «Papà si arrabbia sempre se si insiste in una richie-sta» sono informazioni importanti quando si tratta di deci-dere se lasciar perdere o insistere dopo aver chiesto qualcosa.
2-La sperimentazione. Per qualsiasi bambino è importantissimo verificare se le regole valgono sempre, se valgono perlumi, se ci sono eccezioni. A questo scopo, mette in atto com-plicate manovre che sembrano provocatorie, se non riusciamoa vedere il loro significato sperimentale può salire in piedi suldivano (cosa che gli è sempre stata vietata) e spiegare che cerca di prendere un libro, o che vuole pulir¢ il muro (azioni lodevoli e meritorie varranno come deroga al divieto?). Può
Picchiare un amichetto (anche se sa che non bisogna picchiare gli altri bambini) per poi spiegare con tono sa che il malandrino stava mangiando la torta con Ie mani (gesto notoria-mente riprovevole).
Sono giochetti infantili. Ma sono anche momenti di indagi-ne molto importanti. Con I suoi giochetti, il bambino ci stachiedendo
«Questa cosa (picchiare, salire sul divano) è dawero vietata? »
«Non posso farlo neanche per motivi buoni? »
«Se voglio prendere quel libro, o se Andrea mangia con Iemani, quale è la cosa giusta da fare per me? »
Scontri di volontà
Il bambino impara molto presto che le parole (le sue e quelledegli altri) hanno delle conseguenze, proprio come le azioni.
-le conseguenze sono sorprendentemente diverse se cambia-
Per esempio, sillabando «dadà» e tendendo Ie manine, può Ottenere che mamma e papà vadano a prendergli I’orsacchiot.to preferito. II nonno, invece, magari sbuffa, o cerca di di.strarlo restando seduto nella sua poltrona. Sulla base di que-sta esperienza, il bambino comincia a finali?. zare le sue comu-nicazioni e a scegliere Ie suE vittime I destinatari privilegiatidei suoi imperiosi «dadà» saranno in questo caso mamma ePapà. Per una logica di economia e di predittività che caratte-rizza tutte le scelte comunicative, anche quelle minime, e cheSi può sintetizzare in «Meglio non sprecare dei ° dadà”con uno che non si alza mai dalla poltrona ».
In questi primi scambi, il bambino fa una scoperta eccitan-te e al tempo stesso preoccupante la suA volontà e quella del-Ia mamma (o del papà, o del nonno) sono separate e distinte.Non solo Ia mamma non è un prolungamento di se stesso, da manovrare come si fa con le proprie mani e I propri piedi, mavuole delle cose da tui. Delle cose che lui può non volere.
La mamma Io fa sedere sul vasino. Vuole che faccia li i suoi bisognini. Gli dà un antipatico e duro cucchiaio di metal-inquietante sostanza che non somiglia per niente al latte a cui è abituato. Lo afferra al volo e Io riporta nel recinto tutte leglie che popolano la cucina (recipienti che fanno un suono bellissimo quando cadono per terra, oggetti che si illuminano e mandano calore, macchine meravigliose che vibrano e sof-tentazione continua per un giovanissimo esploratore. Ma cono di vita, il bambino scopre la lotta. Le marl. A…RH». Ip
Privjjegiate di ollp. t_ra ne sono entusiaste. Anche perché Ie manovre del bambino pereludere le richieste, per non obbedire, per «provare a vedere»se 1’altro cede per primo, sembrano mosse da un unico desi-derio quello di esasperare Ia madre.
A partire da questa ipotesi («è un bambino impossibilenon fa che disobbedire ; sembra che Io faccia apposta per farmi arrabbiare) >) si creano ben presto due blocchi c ontrappc sti gli adulti con i loro divieti (e Ie loro crisi di rabbia) e bambino con le sue iniziative di disobbedienza programmaica. Spesso si tratta di uno scontro destinato a non vedere vin. citori ; e a non vedere neanche una fine, a meno che i genitori,non riescano a individuare modi più costruttivi per risponderealle disobbedienze.
strategie e controstrategie
A un anno e mezzo, due anni, il bambino si muove ormai con facilità. La direzione verso cui si muove è generalmente fonte di ansia per i genitori cosa andrà a toccare, adesso? Cosa combinerà? Cosa danneggerà?
Lui, il piccolo, riconosce benissimo la vostra preoccupazione. Sa che cosa non deve toccare, o meglio cosa voi dite che lui non deve toccare. A volte, usa una strategia semplice maefficace la diversione.
È molto frequente (e non sempre a scopi distruttivi, comenella situazione illustrata prima) che un bambino piccolo an ·ticipi, a parole o a gesti, Ia reazione dei grandi a qualcosa che lui si prepara a fare. Per esempio, si awicina alle mille voltevietate prese di corrente con un sorriso rassicurante e accatti ·vante, npetendo « No. No ». Oppure, dopo avere energica-mente scavato nella terra del giardino con le manine, se le os-serva disgustato commentando « In bocca no, sporco! ».
Quello che fa infuriare i genitori è che l’azione che segue non è, generalmente, quella prevista. Dopo aver detto «no, no», il bambino procede senza esitazioni verso Ia presa di corrente, o si caccia in bocca con entusiasmo mani, terra ed eventuali vermiciattoli annessi.
Le interpretazioni che i grandi hanno a disposizione non variano molto. In genere, le possibilità sonn tl, e sono entusiaste. Anche perché le manovre del bamEno perludere le richieste, per non obbedire, per «provare a vedere»e l’altro cede per primo, sembrano mosse da un unico desiìerio quello di esasperare la madre.
A partire da questa ipotesi k<è un bambino impossibile non fa che disobbedire ; sembra che lo faccia apposta per far strategie e controstrategie
A un anno e mezzo, due anni, il bambino si muove ormai con facilità. La direzione verso cui si muove è generalmente fomedi ansia per I genitori cosa andrà a toccare, adesso? Cosa combinerà? Cosa danneggerà?
Lui, il piccolo, riconosce benissimo Ia vostra preoccupazio-ne. Sa che cosa non deve toccare, o meglio cosa voi dite chelui non deve toccare. A volte, usa una strategia semplice maefficace la diversione.
È molto frequente (e non sempre a scopi distruttivi, comenella situazione illustrata prima) che un bambino piccolo an ·ticipi, a parole o a gesti, la reazione dei grandi a qualcosa chelui si prepara a fare. Per esempio, si awicina alle mille volEevietate prese di corrente con un sorriso rassicurante e accatti-vante, ripetendo « No. No ». Oppure, dopo avere energica mente scavato nella terra del giardino con le manine, se le os ·serva disgustato commentando « In bocca no, sporcoh).
Quello che fa infuriare i genitori è che I’azione che segue noll è, generalmente, quella prevista. Dopo aver detto «no, noJ), il bambino procede senza esitazioni verso Ia presa di correnre o si caccia in bocca con entusiasmo mani, terra ed eventuali
Le interpretazioni che i grandi hanno a disposizion e no variano molto. In genere, le’possibilità sono due
« Ma allora è proprio stupido! » «Ma lo fa per farci arrabbiare? »
L’unica ipotesi che ci si dimentica di prendere in considerazione è quella «sperimentale» o «esplorativa», a cui ho già accennato. In questo caso, potremmo dire che il bambino ha imparato che voi dite di non toccare Ie prese di corrente, di non mettere in bocca Ie mani sporche, e vuole veriRcare se è proprio così ; sempre cosi.
Per questo, è utile interagire in questi scambi, invece di limitarsi a un tacito compiacimento per il buon senso dgl vostro erede quando ripete tutto compunto norme e regolamenti del bambino modello.
Per esempio, si può rispondere ai suoi «no, no» con un supplemento di informazione
«Vero, non si tocca. Mamma te Io dice sempre. Vedi, è at-taccato alia presa della corrente ; puoi prendere Ia scossa. E secade, si rompe. Quindi non Io toccare. Andiamo a cercarequalcos’altro che non si rompe e non ti fa prendere Ia Scossa. »
Oppure con la proposta di un’azione adeguata e accettata
«Bravissimo le mani sporche non si mettono in bocca. Saicosa si fa, invece? Se hai finito di scavare, andiamo a lavar €subito queue mani nere. Tu fai cosi sempre quando ti accorgche Le mani sono sporche, mi chiami e andiamo a lavarle. »
L’esplorazione, la scoperta, deve essere incoraggiata e indi-rizzata. I «no, no», vostri o del bambino stesso, richiedonoanche dei « questo, invece, si », che accendano interesse, entusiasmo, piacere.
Mio figlio è troppo competitivo
I bambini vanno sempre educati con cura. Chi non lo fa, credendo così di dare loro più amore, fa’ lo sbaglio più grande che possa esistere. I figli unici o i primogeniti sono quelli che, nella maggior parte dei casi, vengono viziati maggiormente. Ogni loro richiesta è un ordine, signori! Questo atteggiamento non fa’ che prolungare la crescita del bambino, che non arriverà mai, perché sempre spalleggiato da mamma e papà.
E’ bene sempre prevenire l’atteggiamento autoritario e viziato dei figli, semplicemente imparando a fare i genitori modesti. Evitare le lodi eccessive, rimproverare i figli quando serve, imparare loro che dagli errori si cresce, è un modo per educarli nella migliore maniera.
E’ inoltre risaputo che gli sport di squadra aiutano tali bambini troppo competitivi a cooperare e collaborare, in modo da abbassare la loro convinzione di essere migliori. Far sentire il proprio figlio migliore degli altri è assolutamente sbagliato e stupido. “Ogni scarrafone è bello a mamma sua” direbbe un noto proverbio napoletano, ma badate bene a non viziarlo mai troppo!