Si chiamano cavie umane, sono persone che accettano di rimanere per giorni chiuse in una clinica per testare dei farmaci. Con la crisi economica sono sempre di più gli italiani, sopratutto i più giovani senza lavoro, che si recano all’estero per testare i farmaci sul proprio corpo. Il guadagno può raggiungere la cifra di 1200 euro, esentasse.

Chi sono le cavie umane?

Sono volontari sani che accettano di sperimentare un farmaco sul loro corpo, la cosiddetta Fase 1, che serve a capire se un medicinale fa male. Rimangono chiusi all’interno di un centro, in attesa di scoprire se il loro organismo reagirà e come. La maggior parte lo fa per questioni economiche, solo alcuni accettano di fare le cavie in nome del progresso della medicina. Sono soprattutto giovani, ragazzi e ragazze disoccupati ai quali quei soldi fanno comodo. Molte di queste “cavie umane” sono italiane: studenti di medicina di Milano e Varese, giovani disoccupati, intere famiglie in difficoltà economica.

I numeri

Ogni anno circa 750 italiani attraversano il confine con il Canton Ticino per mettere a disposizione il loro corpo. Il numero deve essere almeno raddoppiato se si tiene conto di chi si reca in Francia e in Austria, altri due Paesi che fanno molta Fase 1. Altrove sono molte di più le persone che si sottopongono alla sperimentazione dei farmaci, ciò accade perché gli studi sulla Fase 1 sono assai più diffusi rispetto all’Italia. Esiste anche un database online, volterys.it, dove centri di ricerca europei e cavie si possono incontrare. Al momento gli iscritti sono 41 mila, soprattutto francesi. Negli Usa si stima che 4 milioni di uomini e donne abbiano partecipato almeno ad una sperimentazione, cifra che però comprende anche persone malate.

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Il racconto di una cavia

“Sono stato a maggio dell’anno scorso, prima ero andato quattro anni fa. L’ultima volta abbiamo sperimentato un sale. Quattro giorni e quattro notti. Mi hanno dato circa 1.200 euro – ha raccontato Andrea (nome di fantasia), trentenne di Varese, a Repubblica –  I soldi te li consegnano subito. La prima volta ho preso i 550 euro per due giorni e mi sono comprato la tavola da surf.” Il protocollo da seguire è molto rigido “Devi bere almeno 2 litri d’acqua al giorno, non si può fumare né bere il caffè. Ci facevano prelievi a intervalli regolari, prendevano la pressione e il battito cardiaco.” Andrea si è recato in un centro nel Ticino “È tenuto molto bene, non è grande, il personale è professionale e simpatico. Ti fanno sentire a tuo agio. Non si può mai uscire dalla struttura, una volta lo permettevano ma ci sono stati problemi con persone che prendevano i farmaci e andavano a dormire a casa. Ci sono stanze da due, tre, cinque e sette letti.”

I rischi

Andrea assicura di non aver mai avuto problemi con i farmaci testati, ma gli incidenti accadono e spesso sono gravi. “Da noi in una decina d’anni di sperimentazioni di Fase 1 ci sono stati 16 o 17 eventi avversi – dichiara il capo della farmaceutica svizzera Zanone – Solo un caso è stato grave, una ragazza a cui sono venuti calcoli biliari. È stata operata a spese della clinica dove aveva fatto il test.” “I protocolli sono stringenti, i problemi sempre più rari. E anche i controlli per evitare che le persone partecipino a più studi trasformando il volontariato in lavoro sono più attenti”, gli fa eco Marco Scatigna, direttore medico e scientifico di Sanofi Aventis Italia.

Il caso delle cavie umane in India

Nel 2011 il quotidiano inglese The Independent ha svelato una “nuova forma di colonialismo” occidentale in India, legato proprio alle cavie umane. Tra il 2007 ed il 2010, secondo le cifre riportate dall’Independent, almeno 1.730 persone sono morte durante o dopo aver preso parte ad uno degli esperimenti per conto di colossi farmaceutici come Pfizer, Merck e AstraZeneca. Le cavie umane venivano reclutate senza essere informate sui rischi o tenute totalmente all’oscuro della sperimentazione. Una pratica diffusa non solo in India ma anche in altri Paesi asiatici, come Cina, Indonesia e Thailandia.

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